
Michela Dall’Aglio è tornata in libreria da pochi mesi con un saggio dal titolo impegnativo – “Dio, la libertà e il male” (Corsiero, 200 pagine, 19,50 euro) – e uno stile scorrevole, divulgativo, dialogico, vivace nelle domande e nei tentativi di risposta. Si tratta di un'appassionata indagine filosofica che identifica nella libertà il fattore generatore della realtà, la qualità metafisica dell’essere. Modererò la presentazione del volume che avrà luogo a Casina, nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, martedì 7 marzo 2023 alle ore 20.30. Oltre all'autrice, a discutere di temi affrontati nel libro, ci sarà il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, l'arcivescovo Giacomo Morandi.
L'iniziativa è promossa dall'unità pastorale "Beata Vergine del Carrobbio".
In allegato la locandina dell'evento e la copertina del libro di Michela Dall'Aglio.
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Laureata in Scienze politiche all’Università di Bologna, con un dottorato di ricerca in Storia economica, Michela Dall’Aglio è una ricercatrice indipendente e collabora con la rivista online Doppiozero; ha curato con Nicola Matteucci Alexis de Tocqueville. Vita attraverso le lettere (Il Mulino, 1996) e la voce “Alexis de Tocqueville” nella Storia del pensiero politico (UTET, 1999); ha pubblicato Che fai, mamma? Risposte ai miei figli su Dio e la storia (Edizioni del Pareto, 2000), Appunti per un cristiano distratto (Ave, 2003), I legami della libertà (Il Mulino, 2007) e Con occhi diversi. Arte e relazioni umane (Cittanuova, 2012).
Il nuovo saggio edito da Corsiero è interdisciplinare e fondato su una solida e variegata bibliografia.
Di seguito, un paio di domande che ho rivolto all'autrice da un'intervista pubblicata sul settimanale La Libertà in data 18 gennaio 2023 (rimando al giornale per la lettura della versione integrale).
Michela, quanto tempo ha dedicato a questa ricerca?
Sin da giovane il tema della libertà mi ha affascinato. L’ho studiato partendo dal pensiero politico di Alexis de Tocqueville, al quale ho dedicato diversi anni e alcuni scritti. Inevitabilmente poi la mia ricerca si è diretta a indagare la natura della libertà, e l’ho fatto in un libro in cui ho cercato di configurarla attraverso ciò che la limita. Un passaggio successivo è stato la necessità di capire se la libertà esistesse in se stessa o fosse, invece, un prodotto dell’uomo, della sua mente o della sua cultura. Allora ho cominciato questa ricerca, perché se la libertà esiste a prescindere da noi dobbiamo vederne le tracce anche nel mondo fisico, nella materia. La domanda è: se scompare l’uomo, la libertà resta? Esiste ancora oppure no? Ho dovuto acquisire un minimo di conoscenze nel campo della Fisica e della Biologia, e mi ci sono voluti alcuni anni di letture impegnative ma affascinanti. Complessivamente circa tre anni.
Cos’ha rappresentato per lei l’incontro con il filosofo Luigi Pareyson?
L’incontro con Pareyson è stato folgorante e determinante, mi ha permesso di uscire dalla “trappola” della libertà intesa solo come libero arbitrio, mi ha introdotta alla metafisica della libertà, alla possibilità che essa esista al di fuori di noi. Lui ha ipotizzato l’esistenza della libertà in sé e l’ha collegata strettamente al discorso sul Dio della nostra tradizione ebraico-cristiana. Mi ha, così, fornito la struttura concettuale che mi era necessaria per la mia ricerca, permettendomi di unire insieme, in una visione coerente, la libertà, il male -che facciamo derivare dalla libertà- e il senso dell’esistenza. Lui parla di una “tragedia cosmo teandrica”, una vicenda comprensibile solo se si tengono insieme la realtà materiale, l’umano e il divino. La sua affermazione: “Dio: che essere sconcertante!” mi ha commossa e conquistata.