
Domenica delle Palme, 2 aprile 2023: "Venuta la sera - ascoltiamo nel vangelo di Matteo - giunse un uomo ricco, di Arimatèa, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù". Il racconto prosegue. Scopriamo che quest'uomo era un proprietario terriero, membro del Sinedrio. Secondo un altro evangelista, Marco, "anche lui aspettava il regno di Dio". Mi ha molto colpito la figura di un ebreo che crede in Gesù e ha il coraggio di smarcarsi dalla condanna del Signore alla crocifissione. Giuseppe d'Arimatèa è anche colui che, insieme a Nicodemo, riceve il corpo morto del Crocifisso e mette a disposizione il lenzuolo per avvolgerlo e il "sepolcro nuovo" dove deporlo. Nella canzone "L'ultima Parasceve", contenuta nel disco "Compagni di viaggio" (disponibile anche in compact disc per le Edizioni San Lorenzo, qui la scheda), ho provato a ripercorrere gli ultimi momenti della vita terrena di Gesù mettendomi proprio nei proprio di quest'uomo, uno dei primi santi dopo Disma, il buon ladrone, citato anche nel brano, per la musica di Daniele Semprini.
La canzone "L'ultima Parasceve" si può ascoltare anche su Spotify cliccando questa riga.
Di seguito, il testo.
L’ultima Parasceve
Da una menzogna unanime
alla condanna
per blasfemia.
Sinedrio pusillanime
con Caifa e Anna,
che ipocrisia!
Di fronte a tanta collera
non ha più voce
questo Messia
che da innocente tollera
fino alla croce
ogni angheria.
Percosso e umiliato il Signore
in quest’ultima Parasceve
emette un forte grido, muore
e l’amaro calice beve.
Rivedo il tuo volto
trafitto dal dolore,
ricevo il tuo corpo,
che ancora donerai.
Il cuore sepolto
insieme a te, Signore,
rinasce alla vita
che non finisce mai.
Ti do interamente
quel poco che è mio,
aspetto, paziente,
il regno di Dio.
Le tenebre discendono,
nel tempio il velo
si squarcia in due.
Sul legno si distendono
aperte al cielo
le braccia sue.
Attorno tutti sentono:
c’è un cataclisma…
quell’uomo è Dio!
Eppure non si pentono,
a parte Disma,
fratello mio.
Il suo corpo è ancora innalzato,
seppellirlo in fretta si deve.
Con coraggio andrò da Pilato
finché dura la Parasceve.
Rivedo il tuo volto
trafitto dal dolore,
ricevo il tuo corpo,
che ancora donerai.
Il cuore sepolto
insieme a te, Signore,
rinasce alla vita
che non finisce mai.
Ti do interamente
quel poco che è mio,
aspetto, paziente,
il regno di Dio.
La salma si può prendere,
con Nicodemo,
si staccherà.
Le membra da distendere:
momento estremo
della pietà.
Sul mio lenzuolo, immobili,
quegli occhi chiusi
del nostro re.
Per lui gli aromi nobili
sono profusi:
mirra e aloè.
Tramonta ormai la Parasceve
e penso al prossimo ritrovo:
dal Calvario un percorso breve
porta ad un mio sepolcro nuovo.
In quella tomba fredda e tetra
poniamo l’uomo dei dolori.
Davanti rotola una pietra,
le donne osservano da fuori…