
Due santi giovani, probabilmente già spiritualmente sposi, di ottima famiglia e con suadenti prospettive di successo mondano, che però hanno sacrificato tutto, la vita stessa, alla fedeltà a Cristo. Martirizzati, sepolti vivi, i loro corpi attendono la resurrezione dell’ultimo giorno nell’altare della cripta della Cattedrale reggiana.
Ci sono stati tempi in cui la vicenda di Crisanto e Daria fu molto conosciuta dai reggiani, che in essa vedevano una luce, un orientamento per la loro vita. Poi, complici la persistente scristianizzazione e pure alcuni aspetti troppo leggendari della loro passio, il racconto dei due santi sembra uscito quasi del tutto dalle nostre case, soppiantato sui rotocalchi e nei social da love story ben più futili e di certo non eterne.
I due santi patroni della città di Reggio Emilia vissero e morirono nel III secolo; si suppone che l’anno del martirio sia stato il 283 o il 284.
Crisanto, “Fiore d’oro”, è un giovane alessandrino, con un gravame di aspettative familiari consistente sulle spalle. Il padre Polemio lo manda a studiare filosofia a Roma, dov’è accolto e vezzeggiato dagli ambienti dell’imperatore Numeriano. Ma nella Città eterna il giovane di belle speranze incontra il cristianesimo. La sua curiosità, come propensione alla ricerca della verità, lo spinge ad approfondirne la conoscenza teologica e morale; in questo nuovo cammino trova in Carpoforo il maestro e la guida dello spirito. Divenuto un cristiano convinto e “palese”, Crisanto incontra la resistenza di Polemio, che prima lo priva di tutte le sue ricchezze, poi lo espone alle tentazioni del piacere mondano; constatando l’inutilità di queste strade, il padre di Crisanto spera che Daria, una vestale pagana, “bella, eruditissima, prudente”, riconduca il figlio al culto degli dei di Roma e dell’imperatore; ma Daria è una ragazza alla cui naturale onestà lo studio serve per cercare innanzitutto la verità; anche lei incontra la “Verità” in Cristo che, grazie ai dialoghi con Crisanto, diventa la sua Via e la sua Vita. Così la coppia inizia a farsi missionaria, diffondendo l’amore di Cristo e a Cristo fra amici e amiche; questa ferma decisione la conduce al martirio. L’imperatore, preso atto del loro netto rifiuto di sacrificare agli dèi, ordina la loro esecuzione in una delle forme più ignominiose – seppellirli vivi, condannandoli al soffocamento - lungo la via Salaria, fuori Roma.
A Reggio Emilia i loro corpi santi sarebbero giunti nel 947, per iniziativa del vescovo Adelardo.
Dice il racconto della traslazione che fu un prete reggiano, tale Urso, a trasportarli nascostamente a Reggio, sulle spalle, in una notte di pioggia dirotta. E che “approssimato alla città di Reggio, tutto il clero e popolo con letizia introdusse le sante reliquie nella città e nella Chiesa Cattedrale construtta ad onore della Candida Vergine”.
Di Crisanto e Daria ha parlato monsignor Giacomo Morandi la mattina del 25 ottobre scorso celebrando la Messa sul loro altare. Il pastore ha richiamato la logica del chicco di grano, che morendo porta frutto, indicando la via della testimonianza e anche della persecuzione secondo la consapevolezza che Gesù stesso ci ha consegnato: “Se hanno odiato me, odieranno anche voi”. La risposta, ha aggiunto l’Arcivescovo, è quella del martire, che non annienta l’oppositore, ma fa vedere con la sua vita la forza trasfigurante del Vangelo.